| ·÷± Taty |
| | Grazie Mely! ** Eh si è vero, Diego è un pò poco timido, ma sono sicura che ci saranno delle svolte! xD Life! ** Ma certo che no! u.u Non voglio farti prendere nessun infarto, non mi permetterei mai! Altrimenti come farei senza la mia Dolcissima Life!? ç_ç Grazie anche a te! ** Love You so Much! <3 Ed eccomi qui, dopo millenni che non postavo più! (scusate il ritardo, ma durante le vacanze estive non avevo molta fantasia, ma adesso magicamente mi è ritornata! xD) .Quattro; “Il coraggio? Non è cosa da tutti!”
Arrivati in Arena, sentivo urlare una miriade di gente. Infilato il pass al collo, mi sporgo quanto basta per vedere l’Arena gremita di persone, che parlavano animatamente e subito, mi pietrificai. «Che ti succede?» una mano mi cinse le spalle, facendomi un attimo trasalire «Scusami, non volevo spaventarti!» Luca mi sorrise, non appena si accorse dello spavento che mi aveva fatto prendere pochi secondi prima. «No no, stai tranquillo, è tutto a posto! Solo che con tutta questa gente mi sento un po’ nervosa!» mi girai verso di lui, con lo sguardo fisso sulle mie mani tremanti dal nervosismo. «Ehi! Semmai dovremmo essere noi ad essere agitati, non tu! Alla fine tu stai sotto al palco, non devi salire e gestire un concerto!» scherzò e, accarezzandomi delicatamente un braccio, mi tranquillizzò. Gli annuii «Hai ragione! Scusami, ma è la mia prima volta e ho paura di combinare un disastro!» diventai rossa e mi coprii il viso con le mani. «Luca è ora! Gli altri sono già entrati! Manchiamo solo noi, il pubblico ci chiama!» Diego strattonò per un polso il fratello e, impacciato, Luca mi fece segno di stare tranquilla. Gli annuii e, respirando a fondo, mi feci forza e con la mia reflex tra le mani uscii dal backstage e mi fiondai sotto al palco. Sentivo gli sguardi di tutte le ragazzine attaccate alle transenne, in prima fila, che mi guardavano di sottecchi, e mi sentii molto a disagio. La musica partì e, carichi più che mai, si scatenarono con al collo le loro bellissime chitarre e scoppiò il finimondo: un boato pazzesco si alzò in aria e le mie povere orecchie erano al limite della sopportazione. Le urla erano talmente forti, che per un momento, non riuscii più a sentire niente. «Luca ti amo! Sei bellissimo!» sentii urlare alle mie spalle, da una delle ragazzine che mi stavano guardando di sbieco. Scattate alcune foto mi girai verso lei e le dissi ad un orecchio «posso farti una domanda?» mi annuì «ma tu li segui solo perché sono belli o perché ami il loro talento e la passione che ci mettono nel fare la musica?» mi guarda un po’ stranita poi mi risponde «Ma che domande fai!? Ovvio che li seguo solo ed esclusivamente perché sono dei gran bei ragazzi! E, detto tra noi, io una bella storiella da “un giorno e via” la farei molto volentieri!» guardò Luca con occhi sognanti e provocatori e con la punta dell’indice tra i denti. Io la guardai shoccata, sforzai un mezzo sorriso e gli diedi le spalle ritornando a concentrarmi sul concerto e sulle foto. “Ma esistono davvero persone di questo tipo!? Ma la gente è pazza!” shoccata da ciò che avevo sentito, cercai di liberare la mente dedicandomi solo alle foto.
Il concerto fu qualcosa di veramente eccezionale ed incredibile. I ragazzi andarono nel backstage e si rifugiarono in camerino per prendersi un po’ di meritato riposo. Li raggiunsi pochi minuti dopo che se ne erano andati dal palco, dovevo sistemare la mia roba, essere sicura che ci fosse tutto e che tutto fosse sano e salvo. Mi avvicinai alla porta e, oltre a sentire solo delle voci maschili, sentii anche due voci femminili. In quel momento mi bloccai, anche se durante il concerto non sentivo quasi niente, riconobbi la voce della ragazzina con cui avevo parlato poco prima. “Come hanno fatto ad entrare? Sono amiche di qualcuno della sicurezza?” durante i miei pensieri spappola cervello, sentii che ridevano come se fossero stati amici di vecchia data e che si conoscessero da una vita. Molto educatamente busso alla porta e le risate si bloccano di colpo. «È aperto!» la voce di Luca, mi invita ad entrare «Niki! Vieni, ti faccio conoscere due nostre amiche!» erano tutti seduti attorno al divano dove si erano sistemate quelle due ragazzine viziate vicino a Luca. «Ho già avuto la fortuna di conoscerne una!» guardai con disinvoltura, la ragazzina dai capelli castano chiaro e dagli occhi azzurri, con cui avevo scambiato quattro chiacchiere qualche ora fa e cercai di smorzare un sorriso amichevole. «Rebecca, piacere!» senza alzarsi dalla sua posizione, mi allungò la mano. «Nicoletta, ma chiamami Niki!» le strinsi la mano, senza far svanire il mio sorriso “pseudo - amichevole”. «Lei, invece, è la mia amica Serena!» mi indicò, con il sorriso sulle labbra, un’altra ragazza, seduta dall’altra parte del divano, sempre vicino a Luca, con i capelli a caschetto neri e qualche ciocca bionda e gli occhi color del mare. Senza scomodarci e, senza stringerci le mani a vicenda, ci guardammo e ci sorridemmo, sussurrando a fatica uno striminzito «Piacere!» Non spiccicai molte parole durante il post-concerto, rimasi in un angolo del camerino a scorrere le foto che avevo scattato quella stessa sera. «Allora come sono venute queste foto?» l’improvvisa apparizione di Diego affianco a me, per poco non mi fece cadere la macchinetta dalle mani. «Giuro che se ci rifai un’altra volta, non so cosa potrei farti!» lo guardai di sbieco, ma sorrisi, per fargli capire che scherzavo. «Scusami, non era mia intenzione!» prese una sedia e si sedette affianco a me «Allora? Hai fatto un buon lavoro?» insistette. «Giudica tu stesso!» girai lo schermo della macchinetta verso il suo viso e, prendendola tra le mani, iniziò a scorrere una per una tutte le foto che avevo scattato. «Ma sei incredibile!» ad ogni immagine, i suoi occhi si illuminavano. Arrossii imbarazzata e abbassai lo sguardo sulle mie scarpe. «Quando tornerò a casa, le stampo e te le porto» mi offrii. «Davvero?» gli annuii «Grazie!» facendo molta attenzione alla mia amata reflex, mi abbracciò stretta a se e, per un istante, il suo profumo mi invase il respiro fino a riempirmi i polmoni, causandomi un lieve giramento di testa. L’occhio, mi cadde per un istante sull’orologio appeso alla parete di fronte a me «Caspita come è tardi! Devo proprio andare, mio padre poverino avrà bisogno di me!» non sarei riuscita a stare un minuto di più li dentro, sentendo in continuazione le risate di quelle due oche che, ad ogni occasione, si avvinghiavano a Luca e non lo mollavano più. Le avrei picchiate molto volentieri, ma non volevo che la mia reputazione si rovinasse per due bambine viziate e presuntuose, mi sarei vendicata in un secondo momento, quando meno se lo aspetteranno agirò d’astuzia. «Ma come!? Di già te ne vai? Resta un altro po’! Ci stiamo divertendo!» Luca, vedendomi prendere tutte le mie cose, mi ferma, cercando di convincermi a restare. «Mi dispiace ma non posso!» tagliai corto il discorso. Con un sorriso, salutai tutti e me ne andai il più disinvolta possibile, chiudendomi la porta del camerino alle spalle. Tirai un respiro profondo e me ne andai verso il parcheggio. L’unico problema,era che la mia macchina era ancora dal carrozziere e non sapevo come tornare a casa, questo era veramente un grandissimo guaio. Ero appena uscita dall’Arena e il parcheggio si stava svuotando lentamente da tutte le macchine delle fan che erano presenti al concerto. Mi misi a sedere sul bordo del marciapiede incapace di ragionare e trovare una soluzione per andarmene lontano da quel posto. La mia mente era piena di strani pensieri, avevo un garbuglio di domande a cui non riuscivo a dare una risposta. Appoggia tutta la mia attrezzatura accanto a me, e mi raggomitolai con la testa tra le ginocchia. Non potevo di certo chiamare mio padre, ridotto in quel modo, non avrebbe di certo preso la sua macchina per venirmi a prendere, ma non potevo neanche fare l’autostop, non mi fidavo delle persone che mi passavano davanti, dentro le proprie macchine. Mi è stato insegnato fin da piccola, di non fidarmi di nessuno, solo delle persone che conosco da molto tempo, ma in quel momento, non c’era proprio nessuno di cui potersi fidare ciecamente. Non avrei dovuto farne un dramma, avrei trovato una soluzione per tornare a casa, ma ogni volta che cercavo di pensare ad altro, l’immagine di Luca seduto tra quelle due oche, mi si materializzava davanti agli occhi e sentivo le lacrime premermi sugli occhi: stavano facendo a gara, per poter scendere. Scossi la testa per tornare alla realtà e scacciare quell’orribile immagine dalla mia mente e, pochi secondi dopo, sentii un tocco leggero e dolce sulla mia spalla sinistra. Ricacciai indietro i brutti pensieri e le lacrime che volevano scendermi dagli occhi, mi girai verso quell’ombra che si trovava dietro di me e vidi Luca, sorridente. “Fantastico, era l’ultima persona che avrei voluto vedere!” cercai di ricambiare il suo sorriso cercando di essere il più disinvolta possibile e mi alzai in piedi. «Ehi! Qualcosa non va!?» la sua voce dolce e preoccupata per me, mi stava facendo per mettere a piangere, ma resistetti, non volevo che Luca mi vedesse debole e fragile. Non ero una persona di quel tipo, non avrei sopportato l’idea di essere categorizzata come una ragazza piagnucolona e che ha sempre bisogno di qualcuno che l’aiuti. Non avrei mai dato a nessuno questa soddisfazione. «No no! Va tutto benissimo!» feci la finta allegra per alleggerire la situazione. «A me non sembrava, fino a pochi minuti fa..» era veramente preoccupato per me, ma non volevo cadere nella sua trappola. Non avrei permesso a me stesa di cadere in tentazione e di buttarmi in lacrime tra le sue braccia, non dopo quello che avevo visto. L’occhio, mi cadde per un attimo, dietro le spalle di Luca e vidi Diego avvicinarsi a noi, mentre rideva con Jacopo e Pietro «Diego! Posso chiederti un favore!?» gli urlai mentre mi avvicinavo a lui. Mi guardava un po’ perplesso alla mia reazione nel vederlo, ma si prestò interessato a quello che stavo per dirgli «Mi potresti accompagnare a casa? Lo so che sarà un viaggio veramente lungo, ma non ho la macchina e con i treni sono veramente una frana. Quindi mi domandavo, se per te va bene, di accompagnarmi fino a Pontedera! Non credo per te ci siano problemi, visto e considerato che voi, durante questi ultimi giorni, non avete impegni» gli sfoggiai il mio sorriso più bello e lo implorai con i miei occhi da cerbiatto. Stette per un attimo perplesso ma, alla fine, si convinse. Salutò tutti e, prendendolo a braccetto, ci dirigemmo verso la sua macchina. Questa volta non volevo vedere quale fosse l’espressione di Luca, era il minimo che potessi fare dopo quello che avevo visto. «Sono contenta che hai accettato di accompagnarmi a casa!» sorrisi, mi aprii lo sportello e salii in macchina. «Di nulla! Ma potevi chiederlo anche a mio fratello, ce l’avevi davanti!» entrò anche lui e mise in moto. Aprii per un attimo la bocca, per parlare, ma la richiusi subito dopo. Il mio sguardo si incupì e lo abbassai, fissandomi le ginocchia, triste. «Che hai?» non distolse lo sguardo dalla strada. «Niente!» cercai di nascondere il più possibile, il mio animo ferito. «Coraggio! Non vergognarti, a me puoi dire qualsiasi cosa, puoi fidarti di me!» cercò di farmi un sorriso convincente. «Scusami Diego, ma non mi va di parlarne» tagliai corto la conversazione. Non mi rispose, ma acconsentì con un cenno della testa. Per tutto il viaggio non emettemmo un suono, Diego guardava fisso la strada, concentrato nella guida e io, persa nei miei pensieri, fissavo i vasti campi che si stendevano sotto i miei occhi sfrecciarmi davanti al naso.
L’arrivo a casa non fu molto lungo. «Bene, sono arrivata» mi slacciai la cintura di sicurezza e sorrisi a Diego, che aveva cominciato a fissarmi. Lentamente, aprii lo sportello e scesi, prendendo tutta la mia roba, con lo sguardo di Diego fisso su di me. «Beh, grazie per avermi accompagnato, ci vediamo presto!» gli sorrisi e, mentre mi avvicinai per dargli un bacio in guancia, lui si voltò di scatto per darmi un bacio. Restai un attimo con gli occhi sbarrati a fissare il vuoto e lo spinsi via delicatamente. «Scusami, ora devo andare» iniziai a correre verso la porta d’ingresso, me la chiusi alle spalle senza guardarmi indietro e con la schiena mi ci appoggiai e lentamente scivolai a terra, con la mente confusa e in preda al panico. Cosa sentivo il quel momento? Non avrei mai voluto che finisse in quel modo e, sinceramente, neanche ci speravo. Adesso c’era soltanto una cosa da fare, alzarsi da terra e andare a stendersi sul letto, era troppo tardi per potermi fare dei complessi che mi avrebbero intricato il cervello ancora di più di come non fosse già. Ci avrei pensato con calma domani mattina e avrei trovato una soluzione a tutto.Continua.. Edited by ·÷± Taty - 14/9/2010, 10:40
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